Bancarotta fraudolenta aggravata

Lo Studio Legale Azzaro & Partners ha come obiettivo principale l’individuazione della migliore soluzione in relazione ai singoli casi che si presentano alla propria attenzione.

Al riguardo non deve dimenticarsi come alla diversità di tipologia di reato corrisponda una singolarità del caso concreto e del vissuto della persona. Ogni persona, sia essa indagato/imputato sia essa persona offesa/danneggiato dal reato, è dunque portatrice di proprie peronalissime esigenze, istanze, desideri, obbiettivi.

Ciò comporta la necessità non soltanto di studiare il caso su un piano eminentemente giuridico ma anche di ascoltare e comprendere le diverse necessità che l’assistito manifesta così da individuare la soluzione che meglio si attaglia a ogni persona.

Tale attenzione ai profili sia giuridico che umano accompagna l’assistito lungo tutto il percorso giudiziale che questi dovrà affrontare fino alla conclusione e ciò risulta importante nei momenti cruciali dell’iter processuale.

Tutto ciò è particolarmente evidente nel momento delicatissimo della scelta del rito processuale per la definizione del caso che deve essere effettuata sulla base sia di un attento studio delle fattispecie di reato contestate sia sulle necessità manifestate dall’assistito.

Un esempio di tale “modus operandi” è costituito da un caso di bancarotta fraudolenta aggravata e di ricorso abusivo al credito di cui lo Studio è stato incaricato di occuparsi, in cui si contesta al sig. Mario Bianchi (il nome è di fantasia) la condotta di non aver consegnato alla Curatela alcuni beni nonché alcuni libri e registri contabili e di avere continuato a ricorrere al credito nonostante lo stato di dissesto.

Mario Bianchi ed il suo socio è stato un piccolo imprenditore nel settore tessile del distretto pratese che ha avuto un inatteso sviluppo della sua azienda di produzione e commercializzazione di tessuti e che non ha saputo gestire la crescita dell’azienda. Mario ha infatti ingrandito il giro d’affari della sua società senza pensare ad una oculata gestione del credito e degli investimenti che il mercato in espansione gli richedeva. L’effetto è stato quello di una crescita dell’azienda non fondata su solide basi finanziarie e di un successivo disastroso fallimento, con conseguente contestazione al fallito dei cosiddetti reati fallimentari.

Al riguardo, occorre preliminarmente rilevare che a seguito del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, il quale ha modificato e riordinato la delicata materia delle procedure concorsuali (prima fra tutte quella del “fallimento” adesso denominata “liquidazione giudiziale”) tali fattispecie incriminatrici sono oggi disciplinate dagli art. 322, 326 e 329 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Nel caso in esame venivano contestati all’imputato i reati di bancarotta fraudolenta aggravata e di ricorso abusivo al credito così come previsti dagli artt. 216, 218 e 219 R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

Ebbene, notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., lo Studio provvedeva tempestivamente a estrarre copia integrale del corposo fascicolo d’indagine al fine di procedere a un primo studio del caso.

Successivamente, si provvedeva a un colloquio introduttivo con l’assistito finalizzato a fornire un primo inquadramento giuridico e fattuale della materia per dare modo al cliente di poter svolgere le prime valutazioni in ordine alle proprie esigenze ed alle proprie necessità.

In un secondo momento, a seguito della notifica del Decreto di fissazione dell’udienza preliminare, si è provveduto a un secondo incontro con l’assistito all’attenzione del quale sono stati sottoposti e adeguatamente illustrati i riti processuali alternativamente percorribili.

Dopo un attento ascolto delle volontà del cliente che si è orientato principalmente in una celere definizione e conclusione del processo, lo Studio Legale ha optato per adire il rito alternativo dell’applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi degli art. 444 e seguenti c.p.p. ovvero dell’istituto meglio conosciuto come “patteggiamento”.

Questa scelta processuale ha avuto il vantaggio di una conclusione rapida del procedimento, del contenimento dei costi processuali ed inoltre ha evitato al cliente lo stress e la pena di un dibattimento lungo ed articolato che, dinanzi ad un ampio e documentato castello accusatorio a disposizione dell’Ufficio del PM, non avrebbe portato al cliente alcun vantaggio in termini di difesa.

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